Attitudes to the Visual Arts of Classical Greece in Late Antiquity


Antonio Corso
Περίληψη

Attitudini tardoantiche nei confronti delle arti visive della Grecia classica. Argomento del presente articolo è lo studio dei diversi momenti tramite i quali la concezione dell’arte
classica è progressivamente cambiata nel periodo che va dall’età dei Severi a quella di Giustiniano. Punto di partenza di questo processo è la tesi, asserita da Flavio Filostrato
nella «Vita di Apollonio di Tiana», che l’arte di creare simulacri deve basarsi sulla phantasia e non sulla mimesis. Sempre a partire dall’età severiana, sale alla ribalta l’idea che i simulacri ottimali possano divenire abitacoli delle divinità rappresentate e siano pertanto magicamente provvisti della vita e delle facoltà di questi: tale concezione può essere appieno apprezzata nel de statuis di Callistrato. Inoltre, la concezione idealizzata delle arti visive di età classica, e soprattutto tardoclassica, considerate provviste di un messaggio edonistico, in seno alla seconda sofistica, comporta la condanna di queste produzioni artistiche da parte dei Padri della Chiesa, che ritengono i simulacri antichi corruttori dei costumi, oltrechè privi di valore dal punto di vista teologico. Tale condanna prelude alla distruzione di non pochi simulacri pagani praticata dai seguaci più estremisti del Cristianesimo tra 4 e 5 sec. Inoltre, il gusto cambia e, a partire dalla seconda metà del 4. sec., i palazzi e le ville provvisti di facciate scenografiche, le pitture e i mosaici ricchi di colori e involucranti gli spazi interni, piacciono di più talora delle opere d’arte antiche, in particolare delle statue. Tuttavia, a partire dal 4 sec., matura nella cultura cristiana il principio che si deve distinguere tra il pregio artistico delle statue classiche, che si può ammirare, e il loro contenuto religioso, che invece è inaccettabile. Questa distinzione sta alla base della fioritura di musei di statue antiche, in occidente durante il periodo fra l’ultimo quarto del 4. sec. e la prima metà del 5, a Costantinopoli tra Costantino e Giustiniano. L’articolo è chiuso da alcune note sull’affermazione in tale corso di tempo della convinzione che le statue in marmo di età classica non fossero colorate, ma mostrassero il colore del marmo, della tesi che la scultura era più importante della pittura nella Grecia classica, e infine di interpretazioni ingentilite, edonistiche e idealizzate dell’arte classica.

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